La rivoluzione climatica

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di Beniamino Ginatempo

John Picking “Pranzo rustico con bicchiere mezzo pieno” 2017 – olio su tela, cm 38 x 32

Si contano a decine di milioni i giovani che oggi seguono nella sua battaglia la “pulzella di Stoccolma”, Greta Thunberg. Un movimento che è cresciuto spontaneamente negli ultimi anni e che ha visto anche la comparizione di nuove e carismatiche ambientaliste, come Vanessa Nakate. Questo movimento è stato in grado di strappare ad alcuni potenti del mondo e capi di stato (solo) dichiarazioni e promesse di azioni nei vari COPx, in favore della mitigazione della crisi climatica, oramai non ammessa solo da inevitabili, irriducibili e prezzolati negazionisti.

Parole. Discorsi vuoti. E rinnegati in pochi giorni, in quanto i vincoli imposti dal sistema economico non hanno consentito e non consentono granché di più che proposte di palliativi. Peraltro disattesi, anche per la crisi energetica dovuta alla guerra mondiale per procura, in Ucraina, come la vicenda della miniera di carbone di Lutzerath in Germania, lo stato europeo più “verde”, con tanto di Verdi nella coalizione di governo.

Per capire l’illogicità della situazione, la si guardi da questo aspetto. Esclusi i negazionisti, tutti concordano che il problema è l’elevata temperatura media del pianeta, dovuta all’”Effetto Serra”, innescato da enormi quantità di CO2 (Anidride Carbonica) e vari altri gas presenti in atmosfera, che impediscono il raffreddamento notturno, poiché riflettono i raggi infrarossi che la Terra emette per raffreddarsi. Gli accordi dei vari COPx, spesso contrabbandati dai media come grandi successi diplomatici della collaborazione internazionale, arrivano al massimo a decidere (o, più correttamente, ad ipotizzare) di limitare ulteriori aumenti della temperatura media dell’atmosfera ad 1.5 gradi centigradi, ancorché non si trovi un accordo su quando si dovrebbe ottenere questo risultato, se nel 2050, 2060 o 2080. Ma le inondazioni, gli scioglimenti dei ghiacciai e delle calotte polari, gli uragani, la desertificazione di territori sempre più estesi, nonché le conseguenti centinaia di migliaia di morti e le centinaia di miliardi di dollari di danni materiali avvengono già oggi. Queste sciagure aumenteranno vieppiù, ad ogni aumento di alcuni decimi di grado. Quindi l’unica  soluzione dovrebbe essere, già oggi, l’immediato abbattimento della la temperatura, non la speranza di un suo futuro contenimento! Questa è solo follia, poiché, come diceva Albert Einstein, «Follia è fare e rifare sempre le stesse cose ed aspettarsi che i risultati migliorino».

Quali sono le cause di questa follia? Ne indicherò solo alcune, anticipando che rimuoverle è la nuova rivoluzione, e so di dire arcinote banalità. Ma una cosa mi sembra chiara: le richieste accorate (ma naif), rivolte ai potenti del mondo per arginare il disastro climatico, non sono sufficienti, neanche solo per impostare i primi passi di questa vitale battaglia. Forse servono a far sì che alcune grosse multinazionali propongano ipocritamente provvedimenti di greenwashing, come la “de carbonizzazione”.

1. Il sistema economico.

Il capitalismo ha bisogno di risorse naturali per le produzioni ed i consumi. Fra queste l’energia e le materie prime, che vanno estratte a detrimento dei territori ed utilizzando molta energia. Esempio: per ottenere una tonnellata di allumino, bisogna estrarre 4 tonnellate di bauxite, ricavarci 2 tonnellate di ossido di alluminio e separare per elettrolisi l’allumino desiderato. Gasolio per i mezzi d’opera a parte, la sola energia necessaria per l’elettrolisi di una tonnellata di alluminio è 14.000 Kwh, il consumo elettrico annuo di 3 famiglie e mezzo italiane.

Questo implica che l’accaparramento, o meglio la predazione (come recentemente affermato anche da Papa Bergoglio, nella sua visita in Congo), ed il controllo dei flussi delle risorse naturali, siano esse idrocarburi, o minerali, o acqua potabile, o terreni agricoli, ecc., è basilare per il mantenimento del sistema economico. È parimenti ovvio che, se le risorse sono controllate da pochi, diviene inevitabile la esplosione delle disuguaglianze. Non è un caso che oggi si stimi che l’1% della popolazione mondiale possegga il 45% della totale ricchezza del pianeta.

La produzione di queste enormi quantità di energia si ottiene, soprattutto, mediante la combustione degli idrocarburi, con le conseguenti emissioni di miliardi di tonnellate di CO2. Pertanto, se veramente si volessero (e non sembra sia così) abbattere le “emissioni serra”, bisognerebbe ripensare, a livello globale, la produzione di energia, anche per quanto riguarda i trasporti. Ma, soprattutto, bisognerebbe commisurare questa produzione agli effettivi bisogni, evitare intollerabili sprechi energetici e rendersi conto che ogni Kwh prodotto implica un inevitabile contributo all’inquinamento. Una vera rivoluzione.

2. La gestione delle diseguaglianze.

L’aumento delle disuguaglianze va, o andrebbe, mitigato. Produzione e consumi possono produrre la crescita economica, cioè l’aumento del Prodotto Interno Lordo. Il “capitalismo illuminato” (e.g. Ford o Olivetti) suggeriva la distribuzione di alcune briciole dell’aumento del PIL ai lavoratori, tramite servizi sociali, welfare ed aumento dei salari, onde consentire l’aumento dei consumi, senza i quali la produzione industriale non può crescere e finisce col rallentare. L’abbandono di questo modello, ha causato una sorta di involuzione antropologica, dapprima in Occidente, poi nell’URSS, in Cina ed in tutto il mondo.

È cambiata, nelle coscienze, la percezione dell’Uguaglianza, a causa di una sorta di virus pandemico: il consumismo. Una volta i lavoratori e le lavoratrici si sentivano svantaggiati, perché percepivano di non poter godere pienamente dei propri diritti. La mia sensazione è che oggi ci si sente svantaggiati non tanto per l’inaccessibilità a molti diritti (lavoro, sanità, istruzione, libertà personali, casa, ecc.) quanto perché le proprie condizioni economiche non consentono i livelli di consumo dei ceti più abbienti. Esempio: è uscito l’ultimo modello di smartphone e non ho i soldi per cambiare il mio, ancorché sia abbastanza nuovo e funzioni perfettamente. Oppure; non è importante se non ho la casa, voglio il SUV super accessoriato e la smart TV per guardare le partite di calcio ed i film in streaming.

In buona sostanza, il consumo sfrenato del superfluo comporta lo spreco di risorse naturali, l’inquinamento connesso, ma soprattutto la perdita di coscienza del proprio ruolo sociale. Ci vorrebbe uno stile di vita molto più sobrio. E la Sobrietà è una vera rivoluzione.

3. La crescita.

Il fondamento di questo sistema economico è la crescita del PIL. E l’assioma sottostante è che le risorse  del pianeta siano infinite. Ciò deve essere dato per presupposto assiomatico innegabile, poiché, in caso contrario, bisognerebbe ammettere che   la crescita si arresterebbe ed il sistema crollerebbe sotto i colpi della recessione e dell’inquinamento. Ma dagli anni 60 (Club di Roma) è chiaro a tutti che le risorse terrestri sono limitate e, di conseguenza, la crescita infinita è impossibile. Questa è la contraddizione di fondo del sistema capitalistico odierno.

A peggiorare la situazione c’è l’inquinamento che deriva dalla crescita. Più si cresce, meno risorse disponibili ci sono, più rifiuti ci sono da gestire, più inquinamento implica meno risorse (e.g. territorio ed acqua potabile), e quindi meno cibo, più malattie e pandemie e più guerre per accaparrarsi le risorse via via decrescenti.

Questo aspetto è legato all’estinzione. È illuminante l’esempio dei dinosauri. Vivevano in un mondo ricco di ossigeno nell’aria, di acqua, di vegetazione, durante il Giurassico. Erano dapprima piccoli e poi crebbero tanto e, relativamente, molto velocemente. Si ingrandirono ed ebbero bisogno di enormi quantità di cibo, acqua ed ossigeno. Man mano che la vegetazione scarseggiava, a causa della loro voracità, alcune specie si evolsero, diventarono carnivore e cominciarono a sbranarsi fra loro. Poi, si ipotizza, cadde un asteroide che alterò il clima, l’ossigeno cominciò a scarseggiare, e così l’acqua, e forse anche la temperatura terrestre cambiò. Erano cresciuti troppo rispetto alle risorse a loro disposizione, e si estinsero. Mentre le formiche, che erano minuscole e ben organizzate socialmente, sopravvissero ed ancora oggi esistono. Bisognerebbe pensare ad una decrescita pilotata, una vera rivoluzione

A fronte del depauperamento e della progressiva scarsità delle risorse siamo di fronte ad uno dei fenomeni – che ha solidissime basi teoriche nella Fisica e nella Termodinamica – che nella Storia si è ripetuto svariate volte, il cosiddetto spartiacque entropico. Ogni sistema fisico evolve spontaneamente verso il caos. Per preservarlo, bisogna “ordinarlo”, cosa possibile introducendo continuamente energia ed altre risorse dall’esterno, tramite il lavoro. Ma se il disordine cresce troppo, o troppo velocemente, l’energia e le risorse a disposizione potrebbero non essere più sufficienti. In altre parole, la limitatezza delle risorse delinea un punto di non ritorno, lo spartiacque entropico appunto, superato il quale il degrado del sistema è inarrestabile, a volte anche in maniera traumatica.

Questo si applica in molti campi, Storia compresa. Faccio alcuni esempi senza il necessario rigore dello Storico, scusandomi per le imprecisioni.

Esempio 1: alla fine del 15mo secolo, le guerre fra gli Stati europei portarono alcuni Stati alla bancarotta, per i debiti contratti con le banche fiamminghe. I feudi non generavano più risorse sufficienti ed i sistemi sociali erano al collasso. Si era oltre lo spartiacque entropico, ma la scoperta dell’America e il conseguente, enorme,  afflusso di risorse (specie oro e argento) consentì il salvataggio del sistema, per un altro paio di secoli.

Esempio 2: l’Impero Romano dominava su quasi tutto il mondo conosciuto, ma era cresciuto troppo e non aveva più risorse sufficienti a controllare i propri confini e a contrastare le invasioni dei cosiddetti barbari, attratti dalle ricchezze dell’impero. Così il sistema collassò, l’impero si suddivise in due parti ed in breve tempo l’Impero Romano d’Occidente cadde.

Esempio 3: la Rivoluzione francese. Anche in questo caso, la corte e le guerre drenavano ben più di tutte le risorse prodotte e le classi sociali si impoverirono fino alla disperazione (non c’erano abbastanza brioches). Allora la borghesia prese in mano la situazione, depose, con l’aiuto del popolo più disperato, monarchia e clero e costruì un nuovo assetto istituzionale, basato su contenuti valoriali utopici: Libertè, Fraternitè, Egalitè, cioè Libertà, Solidarietà ed Uguaglianza, valori fondamentali anche nella nostra Costituzione.

Ancora analoghi, sebbene con le opportune differenze e distinzioni, sono gli esempi della Rivoluzione d’Ottobre, della Resistenza Italiana, della Rivoluzione Cinese, Messicana, ecc.. Altre rivoluzioni fallirono (e.g. la Comune di Parigi). In buona sostanza la scarsità delle risorse può portare allo spartiacque entropico. Da lì si innesca il degrado del sistema e nasce un relativamente breve periodo di crisi estremamente creativo in cui si costruisce il nuovo assetto. E, a sua volta, questo si insedia e dura fintantoché le risorse disponibili sono commisurate ai suoi stessi bisogni. E quindi le rivoluzioni avvengono quando la scarsità di risorse mina la stabilità del precedente assetto e vengono preparate dalla costruzione di un nuovo sistema valoriale, più consono alla nuova classe dominante.

4. Conclusioni deducibili dalle precedenti analisi

Dalla analisi precedente si evince che abbiamo bisogno almeno di una rivoluzione culturale e globale. E che dovrà inesorabilmente avvenire. L’attuale sistema economico è in crisi irreversibile per la scarsità di risorse, anche se nessuno lo vuole ammettere. Tant’è che con buona pace di Ford, Olivetti ed altri visionari, per mantenere i livelli di profitto, negli ultimi decenni si è attaccato il welfare (la più grande conquista del riformismo europeo), il lavoro ed i salari. Con l’esplosione delle diseguaglianze sociali. Parimenti l’ambiente viene saccheggiato e degradato, diminuendo (Follia!) persino la possibilità di procacciarsi le risorse.

Le guerre, che non sono mai finite da un secolo ad oggi, si fanno per predare risorse. Questo provoca bibliche migrazioni di profughi e di coloro che non hanno nei loro territori mezzi e possibilità di procacciarsi acqua e cibo, i cosiddetti “migranti economici”, in fuga da fame e povertà estrema. Voglio notare che il riscaldamento del pianeta provoca anche la desertificazione di territori e quindi fa aumentare la fame e la sete di circa un miliardo di persone.

Ora, è chiaro che se la giustizia climatica e sociale deve essere perseguita globalmente, essa ha necessità di fondarsi su valori solo apparentemente nuovi:

1) Equità nell’accesso alle risorse naturali;

2) Solidarietà nello spartirsi in Pace le risorse;

3) Sobrietà nell’utilizzo delle risorse;

4) Responsabilità nel preservare le risorse future per i posteri e minimizzare l’inquinamento.

Noto che questi 4 concetti sono reperibili nelle meravigliose pagine della Costituzione Italiana, a partire dagli articoli 2, 3, 9 e 11, ed anche in tanti altri.

Sembrerebbe quindi che tutto sia pronto per la rivoluzione climatica. Ma non è così, purtroppo. Infatti quello che il movimento di Greta Thunberg, Fridays For Future, non ha ancora realizzato è che ottenere la giustizia climatica è necessario scardinare i rapporti di produzione capitalistici, altrimenti la insostenibile linearità del processo risorse -produzione- consumi-rifiuti non potrà essere scalfita dal solo buon senso e dal grido di dolore degli scarti umani, ben descritti da papa Bergoglio nelle sue due ultime encicliche Laudato Si’ e Fratelli Tutti.

La questione dunque è se la rivoluzione climatica avverrà prima della estinzione della specie umana, o per la crisi climatica o per una guerra nucleare globale. Ce la caveremo?

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