
C’è solo una lapide, ma non una strada o una piazza che li ricordi, eppure Messina – per quanto questo possa sembrare incredibile per una città impiegatizia – ha nella sua storia tre operai morti. L’eccidio avvenne il 7 marzo del 1947, durante una manifestazione di edili e di la voratori per il contratto e per il carovita. Il luogo è la piazza Unità d’Italia, di fronte alla Prefettura; i protagonisti, da un lato gli operai, dall’altro i poliziotti e i carabinieri.
Tutto cominciò la mattina del 7 marzo, nel cinema Casalini: qui fra le 8 e le 10 si riunirono pili di 10 mila lavoratori chiamati dalla Camera del Lavoro allo scio pero generale per sostenere la lotta degli edili e per altri obiettivi, quali l’occupazione e il controllo dei prezzi e delle razioni dei viveri. Alle 10 si f ormò il cor teo: attraversando le strade della città, con tutti i negozi chiusi e le saracinesche abbassate, con in testa una forca simbolica, giunse verso le 11 davanti alla Prefettura. Una delegazione andò a parlamentare con il prefetto, il quale però era ammalato. Quindi si attese per parlare con il suo vice: ma per la folla questa attesa era il segnale della mancanza di ogni volontà delle autorità di prendere ‘in seria considerazione i problemi degli operai e dei disoccupati.
Alle 11 e mezza cominciarono a volare fischi e qualche sasso: a questo punto dalla via Gran Priorato vennero fuori i poliziotti e qualche attimo pili tardi i carabinieri. Quando la tensione era al culmine, un capitano dell’Arma, gridando: “Savoia! “, ordinò ai militi di far fuoco contro gli operai inermi. Lo stesso fecero altri carabinieri, disposti sul terrazzo della Prefettura. Caddero moltissimi, altri cercarono scampo scappando verso viale della Libertà e riparandosi dietro i muretti delle ville o della passeggiata a mare. Due dei dimostranti però non si rialzarono pili. Pelle grino e Maiorana . Dopo qualche giorno un altro morto si sarebbe aggiunto -Lo Vecchio – ferito gravemente nella sparatoria.
Pellegrino era un operaio con moglie e figli, gli fu trovato in tasca un panino che fu poi messo sulla sua bara, quasi a ribadire che gli operai volevano pane e lavoro; Maiorana era un commerciante di calzature, iscritto al PCI; Lo Vecchio era un giovane non ancora ventenne, cosi come molti dei feriti ricoverati negli ospedali della città dopo la sparatoria.
L’epilogo più beffardo si ebbe a distanza di alcuni anni, quando si celebrò il processo, come ricorda in una sua testimonianza l’avvocato Cappuccio, rappre sentante le tre parti civili. I militi furono assolti per insufficienza di prove ed alcuni operai condannati per resistenza . Ma tutta la storia di questo eccidio dimostra come anche Messina abbia vissuto e fatta la Resisten za, dando il contributo pili alto che si possa pensare – quello delle vite umane – alla trasformazione delle istituzioni e delle strutture del Paese.
E’ certamente un episodio della Resistenza italiana quello del 7 marzo 1947. Le città siciliane fino a quel momento avevano dato prova di scarsa vitalità rivo luzionaria, mentre nelle campagne si sviluppava il movimento contadino con le occupazioni delle terre e con le lotte contro i vecchi patti agrari. Le condizioni di vita però probabilmente erano pili dure proprio nelle città, dove ancora a distanza di quattro anni dallo sbarco degli anglo-americani il pane era distribuito con la tessera e il lavoro era la prima richiesta delle organizzazioni sindacali. Le organizzazioni di massa però si andavano consolidando anche nelle città e andavano precisando i loro obiettivi e le loro lotte: quella del 7 marzo doveva essere una pacifica e gran diosa manifestazione per la ricostruzione della città e per il lavoro. Si trasformò in un cruento conf ronto politico con le forze conservatrici e reazionarie che proprio l’anno prima erano scese in campo nel refe rendum istituzionale spingendo la città ad un semi plebiscito per la monarchia. Ma già il ’47, con la venuta a Messina di Togliatti, con la vittoria del Blocco del Popolo <PCI-PSI) , stava mutando i rapporti politici fra gli schieramenti. Il 7 marzo la ragione della forza prevaricò la forza della ragione, ma la partita era ormai aperta e non si sarebbe pili chiusa.
Il 30° anniversario dell’eccidio operaio del 7 marzo 1947 fu ricordato da Radio Città del Sole, con una trasmissione di ricerca storica condotta in studio da Enzo Raff aele e Giuseppe Resti/o e basata su testimo nianze tratte dai giornali “Notiziario di Messina” e “L’Eco del mattino”. Inoltre ci sono state le testimo nianze dirette di diversi operai protagonisti della ma nif estazione, del giornalista Giovanni Asciak e del sindacalista Giuseppe Bontempo.