di Franca Sinagra Brisca

Tutta la propaganda di guerra, e non solo, è tesa a influenzare la psicologia e il comportamento popolare, anzi ovunque nei secoli ha agito in senso coercitivo per indurre l’idea del “nemico della porta accanto” o della mela marcia nel paniere sano, insomma espungere/emarginare per punire. Guerra statale o confessionale o di ideologia politica o di gangs: isolare per punire.
Sciaguratamente (se non ridicolmente) questa tecnica si è riproposta nella propaganda italiana, con valore addirittura retroattivo di alcuni secoli, contro gli intellettuali russi con una motivazione strabiliante, cioè perché nati in Russia: Dostoevskji, Tolstoj, Puskin, Tchaikovskji, Majakovskji e via elencando … nonostante alcuni siano ucraini. E’ più utile al potere una società in maggioranza analfabeta che si abbevera a un pensiero unico, alla quale viene “sconsigliato” di leggere i libri/le idee di intellettuali liberi. Si punta forse sull’ ignoranza letteraria per l’avvio della caccia all’uomo comune russo, come avvenne. Tanto che un gruppo di belle teste di … italiani hanno attuato licenziamenti illustri (direttori d’orchestra, artisti…). La guerra (civile?) contro i propri simili è la brutta bestia dai mille volti che fa cuneo da sempre su un mondo di perseguitati: ebrei, immigrati vari, eversori, paria della Terra. L’esclusione di regime scatta senza remore per deviare la sana tendenza popolare al dibattito e all’inclusione solidale.
Il semplice riferimento ai confinati siciliani durante l’ultimo regime dittatoriale rappresenta dal vivo questo tipo di ferita esemplare anche nel territorio locale nebroideo. La visita del sito Il popolo al confino. La persecuzione fascista in Sicilia, offre di che sbalordire per le motivazioni delle sentenze, quasi fossero commedie tragicomiche, qui la lettura dei verbali di condanna dei confinati è distinta sia per nome che per comune. Ovunque sul gruppo dei confinati è caduto l’oblio, nessun risarcimento si è verificato e c’è proprio da chiedersi perché non ci sia stato alcun tipo di riabilitazione per questi antifascisti senza etichetta politica dichiarata, attivi già prima dello sbarco alleato: non portarono il rischio/marchio della morte, appartenevano al popolo basso inconsapevole del proprio valore deriso e attaccato? Sarebbe opportuna una formula/forma pubblica di riabilitazione (ad es. qualche inserimento del tipo di “La storia locale nelle vie”) per ciascuno di questi antifascisti, che dimostrarono una dose di dignità esemplare nel criticare e condannare il fascismo sulla sola propria responsabilità in nome della libertà di parola, avrebbe un forte valore socio-pedagogico a non ripetere l’esperienza dittatoriale che ha fatto loro pagare il prezzo amaro della perdita della rispettabilità civile allora e oggi al russo o migrante o politico che sia. Nel risarcirli per la loro posizione antifascista e per l’ingiustizia subita coram populo, oggi riabilitando i confinati proteggeremmo noi stessi, consapevoli e vigili dell’offesa a quel diritto ripristinato nella Costituzione: pietra d’inciampo? Targa marmorea? Intitolazione viaria?
L’opuscolo “Un popolo al confino”, divulgato dopo l’assassinio dell’on. Matteotti, nel titolo riflette nel quotidiano la politica del rifiuto generalizzato dei metodi dittatoriali che, non potendo assassinare troppa gente, la intimoriva praticando lo spauracchio della giustizia speciale. Le motivazioni delle condanne al confino sembrano oggi irrilevanti per i democratici, anzi addirittura risibili, ma resta rilevante il danno morale e sociale che ricadeva sui colpiti e sui parenti avviliti e talvolta conniventi/complici, ai quali conveniva perfino escluderli dalla memoria familiare e collettiva. Quei reati furono gestiti dall’etica fascista come episodi esemplari sui compaesani, perché ricattatori: non azzardatevi a dar fastidio con parole e comportamenti simili.
Manifesti fascisti, sfruttando l’atmosfera di guerra, privavano la popolazione della libertà di dissenso e la circondavano di avvisi di pericolo con gigantesche scritte, fra cui ”fai silenzio, il nemico ti ascolta!” . Molti si accorsero che la verità andava rovesciata in ” stai zitto, il fascista ti condanna ” paragonabile alla minaccia mafiosa a scopo di sottomissione e di omertà. Prova della balordaggine di quell’ operato è che la fine della condanna propinata arrivava facilmente alla prima celebrazione in cui il fascismo intendeva mostrare la sua generosità bellica spesa alla vana ricerca di un impero mediterraneo. Sono esemplari due episodi fra i confinati di Naso, comune messinese tirrenico.
Sebastiano Ziino, venditore ambulante di agrumi e frutta, fermatosi a tavola durante le giornate calde del suo giro nei paesi del messinese, sedeva nella bettola, comodo come fosse in un ambiente privato dove rilassarsi per il pranzo e, per non guastarsi la digestione, sceglieva sempre una sedia che gli permettesse di voltare le spalle al faccione appeso del ritratto di Mussolini. Pensava che Benito fosse un mascalzone ed ebbe il torto di dire a voce alta il suo giudizio. Fu individuato col passaparola dai vari capetti fascisti dei paesi e denunciato. Il verbale di condanna recita una fantastica piece teatrale in cui gli insulti al duce sono in effetti poco rilevanti perché sarebbe il caso di aggiungerne altri ben più criminalizzanti delle illegalità realizzate, infatti col senno di poi Sebastiano avrebbe potuto a buon ragione dire nel suo linguaggio molti più insulti ad hoc!
Riabilitato : Cost. It. Art.21; il diritto alla critica politica stimola il dibattito…
<<Arrestato il 25 dicembre 1935 per avere pronunciato in passato, nei suoi frequenti viaggi e in tempi diversi frasi offensive nei riguardi del duce, sputando anche contro il suo ritratto. Inoltre tre anni prima, trovandosi in un ristorante di Patti, aveva dichiarato di non volere mangiare perché non intendeva sedersi a tavola trovandosi dinanzi a lui appeso il ritratto del duce, che egli qualificò “brigante”>>.
Sanfilippo Giuseppe, residente a Naso, coniugato con dieci figli, negoziante, comunista[…] Il 1 settembre 1895 era stato denunciato per avere gridato “Viva il socialismo, viva la rivoluzione sociale” e il pretore di Naso con sentenza del 18 agosto 1896 lo aveva condannato a tre giorni di arresto. Iscritto al partito socialista, frequentava elementi avversi alle istituzioni, numerosi allora in Naso. Fu uno dei fondatori del locale circolo dei lavoratori (con Francesco e Giovanni Lo Sardo) e segretario per parecchi anni, non tralasciando di fare all’interno di esso e pubblicamente attiva propaganda delle sue idee.
Riabilitato: Cost. It. Art. 18; diritto di associarsi liberamente…
Cost It. Art. 39; l’organizzazione sindacale libera e democratica…
<<Per sedici anni fu a New York. (Emigrato come la massa dei rivoltosi contadini a causa delle repressione giudiziaria statale e lo stato d’assedio in Sicilia contro la gloriosa rivolta contadina chiamata Fasci siciliani, voluta da Crispi 1891-1894.)
Ritornato in patria nel 1914 si dedicò al lavoro senza occuparsi apparentemente di politica, tanto che venne proposta la sua radiazione dallo schedario dei sovversivi.
Ben presto però istigato dai fratelli Francesco e Giovanni Lo Sardo, tornò ad occuparsi di politica, divenendo un attivo e tenace propagandista di idee sovversive. Passato dal socialismo al comunismo, manifestò tendenze estremiste incitando in ogni occasione i suoi compagni di fede al saccheggio e alla rivolta (io non ci credo, erano calunnie per renderlo odioso ai concittadini). Propose ai soci del circolo dei lavoratori, apolitico, la trasformazione in associazione sovversiva, ma la maggioranza espresse parere contrario; anzi alcuni dei soci firmarono un esposto con il quale si chiedeva all’autorità competente l’espulsione del Sanfilippo e di altri pochi comunisti rimasti nel circolo perché svolgevano propaganda contro il fascismo.
Arrestato il 23 settembre 1926 in esecuzione dell’ordinanza della C.P. per avere tentato di tenere vivo lo spirito sovversivo in Naso opponendosi alla trasformazione del circolo dei lavoratori in sindacato fascista e sollecitato una raccolta di fondi per ricostituire il circolo incendiato dai fascisti.>>
Il suo arresto fu di qualche anno posteriore all’inaugurazione dell’autonomia di Capo d’Orlando da Naso, avvenuta alla presenza del ministro Giuriati, il 27 sett. 1925, durante la quale un gruppo di camerati ritenne di dover praticare la lotta politica devastando a Naso la sede sindacale degli avversari/nemici. Era il lungo periodo della persecuzione dei comunisti in tutta Italia, applicata con gli omicidi degli onorevoli, avallata dall’emanazione delle leggi fascistissime, praticata con la persecuzione omicida anche degli intellettuali esuli all’estero. In seguito il nome di quel Circolo dei lavoratori a Naso prese nome di La concordia, oggi sul frontone della sede nella contrada Bazia, in obbedienza alla politica delle corporazioni che faceva un tutt’uno fra lavoratori e datori di lavoro, evitando l’incisività della richiesta/scontro legale sindacale e col favore della Chiesa concordataria.
Le donne al confino.
Riabilitate: Cost. It. Art. 2; la Repubblica garantisce la solidarietà politica, economica e sociale…
La condanna al confino colpì anche donne semplicemente arrabbiate per aver protestato pubblicamente; in piazza per l’acqua alla fontanella comunale asciutta da troppo tempo, e una anche per libera prostituzione (le case chiuse e “Bocca di rosa” di De Andrè).
Testimonianze orali raccontano di riti magici che le donne praticarono nel silenzio della casa, condanne silenziose dell’antifascismo e resistenti nelle loro menti e nelle loro azioni, tanto caserecce quanto metaforiche, come chi bruciò nel forno del pane la divisa nera del parente, chi tutte le sere prima di coricarsi trapassava con l’ago da ricamo la faccia cartacea di Mussolini appositamente appesa sopra il comodino, chi contrattava con Dio la morte del Duce in cambio di donazioni quotidiane di un’elemosina e un fiore al Crocifisso.
Salleo Pontillo Leone
Riabilitato: Cost. It. Art.19; diritto di professare liberamente la propria fede religiosa e praticarne il culto.
Nel paesello di Sinagra finì al confino anche un testimone di Geova, quasi fosse stato il rappresentante di una qualche potenza diabolica non papalina (si ricordi l’azione persecutoria di Bonifacio VIII contro i francescani predicatori di povertà, riassunta da Dario Fo con “ciodo, lengua, portun e… sgnac!”e quella ecclesiastica denunciata da Sciascia con “ Dalle parti degli infedeli”).
***Una postilla conclusiva a carattere paesaggistico/ambientale riguarda il fatto che nella punizione all’isolamento c’è la superbia dell’ideologia capitalistica nei confronti della periferia e della campagna contadina. Le destinazioni al confino erano scelte in base alla maggiore distanza dai grossi centri abitati, per l’ambiente naturalistico selvaggio=incontaminato, per l’assoluta assenza di servizi statali=solidarietà umana supplente, per le caratteristiche di compartecipazione tipiche dell’antica civiltà contadina ritenuta retrograda e degradata. Senza nulla togliere alla pena dell’isolamento e della povertà di mezzi di sussistenza a cui sopperiva la già povera generosità dell’accoglienza verso i confinati, ma a maggior vergogna, diciamo che quelle destinazioni diverranno le residenze vacanziere oggi più ricercate, proprio per le caratteristiche paesaggistiche e ambientali. Gargano e Tremiti, Isole Pontine e Eolie, Egadi e Ustica, Sardegna, Sicilia, villaggi montani di regioni boscose nel versante adriatico. La scelta epocale dell’inurbamento e dell’industrializzazione avevano reso rifiutabili gli insediamenti non cementificati, privilegiando lo sfruttamento umano nel formicaio. Quei paeselli sono oggi ben serviti nel terzo settore e riabilitati a paradisi turistici e naturalistici.
Ziino era finito a ISILI, uno sperduto borgo della Sardegna a un’ora di strada da Cagliari, oggi conta oltre 2.500 abitanti ed è il paese turistico dell’archeoastronomia, dei nuraghe, delle falesie pietradiluna, che nel labaro comunale mostra una mucca a ricordo delle fiorenti origini pastorali. Vi persiste una minoranza tutelata etnico-linguistica nota come S’Arbaresca o Sa Romaniska, usata dalle tessitrici a telaio e dai pochi ramai ancora produttivi. Si deducono somiglianze con i Camminanti siciliani di etnia nomade e con i calderai ambulanti friulani di etnia Rom. Best seller il romanzo Premio I. Calvino 2015 di Cristian Mannu La fabbrica illuminata.
Sanfilippo Giuseppe fu confinato alle TREMITI , arcipelago elevato a colonia penale dopo l’Unità, passarono per una cinquantina d’anni tanti confinati anche noti, come nel 1894 Francesco Lo Sardo, studente universitario messinese anticrispino. Il particolare paesaggio roccioso è adesso prova di eccezionalità ambientale a livello scientifico internazionale e di turismo d’elite.
Nella provincia messinese, la presenza del pittore padovano Tono Zancanaro, confinato nella frazione peschereccia di Capo d’Orlando, potrebbe aver dato il via una decina d’anni dopo, alla celebre mostra nazionale d’arte <Vita e paesaggio> nonché allo sviluppo turistico. In questo paese per il ferroviere socialista Francesco Stella la punizione al confino ebbe la forma del trasferimento in una zona interna della Sicilia.