di Eugenio Campo

– Ferruccio Allitto Bonanno (1913-1980) è stato un pubblico funzionario che ha percorso, dal 1940 al 1978, tutti i gradi gerarchici della carriera presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero degli Interni: da commissario a questore, quindi dirigente superiore e infine dirigente generale. Con una discontinuità che rende la sua biografia ancora più importante: dal settembre 1943 all’aprile 1945, quando ha partecipato alla guerra di liberazione in Piemonte.

La storia di Ferruccio Allitto Bonanno (nel seguito, per brevità, FAB) può essere raccontata ricorrendo a delle diadi. Questo scritto intende fornire notizie sulla vita di FAB, dalle origini della sua famiglia fino alla liberazione; le diadi di riferimento sono:
I. Messina e Vercelli (due luoghi di famiglia);
II. Allitto e Bonanno (due cognomi);
III. Orlando e Libero (due nomi di battaglia da partigiano).
FAB, figlio primogenito di Cesare e Concettina Mazzullo, nasce a Messina, in via Acqua del Conte, il 26 agosto 1913.
I genitori, entrambi nativi di Messina, si erano sposati a Vercelli il 20 febbraio 2012, città dove era avvenuto il loro incontro e fidanzamento. Cesare era stato chiamato a Vercelli dall’amministrazione di Poste e Telegrafi, ad occupare il posto di impiegato vinto con pubblico concorso; Concettina risiedeva a Vercelli da un paio di lustri, dove tutta la famiglia si era trasferita, dopo una parentesi a Peschiera del Garda. Il ritorno a Messina era avvenuto a giugno, conseguenza del trasferimento per motivi di servizio di Cesare da Giaveno, dove la coppia risiedeva dopo il matrimonio. Un ritorno poco felice, perché nella Messina del dopo terremoto non ci sono alloggi liberi, per la precisione baracche libere, unica disponibilità posti singoli nei padiglioni.
La precaria situazione abitativa costringe Cesare a chiedere una deroga all’obbligo di risiedere nella città di Messina ed a mettere su casa a Gesso, terra di origine della sua famiglia. Casa che non sarà per Concettina, che muore poche settimane dopo il parto, il 24 novembre 1913, che a Gesso avrà solo sepoltura. FAB cresce a Gesso, prima con la nonna paterna Concetta Messina vedova del notaio Cesare Allitto Bonanno, poi con la matrigna Antonietta Macrì, una maestra del luogo che sposa il padre nell’ottobre 1915. Da questo secondo matrimonio nascono altri due figli: Annibale nel 1918, futuro ispettore delle dogane, ed Ester nel 1921, futura insegnante di lettere classiche.
A Gesso la casa di abitazione della famiglia Allitto Bonanno è in vico I Sant’Antonio (attuale via Milazzo n° 7), in parte di fronte alla grande chiesa parrocchiale del XVII secolo.
FAB frequenta il regio liceo classico Maurolico a Messina e ottiene la maturità nel 1932, a diciannove anni, quindi chiede l’immatricolazione presso l’Università di Messina, per il corso di laurea in Giurisprudenza. Frequenta l’ateneo della sua città per tre anni, poi nel corso del quarto anno, nel gennaio 1936, chiede il congedo per poter proseguire gli studi presso l’Università di Pavia.

Questo trasferimento è determinato dal fatto che FAB partecipa ad un concorso per 80 posti di “alunno d’ordine” nell’amministrazione civile del Ministero dell’Interno. Vince il concorso e svolge il periodo di prova da febbraio 1935 presso la Prefettura di Rovigo, per poi essere assegnato alla Prefettura di Pavia a partire da agosto 1935. Quindi semplicemente FAB chiede il trasferimento dall’università di Messina all’università di Pavia perché ormai risiede a Pavia.
Raggiunge il traguardo della laurea l’8 luglio 1937, con una tesi in Diritto Civile dal titolo “La promessa unilaterale come fonte di obbligazione”, relatore Giuseppe Stolfi, giurista di scuola napoletana. Come il giovane Giovanni Leone, che a Messina arriva come professore ordinario di nuova nomina, ma giusto nell’anno in cui FAB di trasferisce a Pavia. A Messina FAB ha modo di seguire il corso “Istituzioni di diritto civile” di Salvatore Pugliatti, il cui nome compare più volte sul libretto universitario come segretario delle commissioni d’esame. Tra i compagni di corso di FAB merita una menzionei Angelo Falzea, che ripercorrerà per buona parte la carriera di Salvatore Pugliatti, entrambi accademici dei Lincei, figure di primissimo piano nella civilistica italiana.
In Sicilia le passioni di FAB erano il mare, le barche e la pesca, a Pavia lo diventa il rugby. Gioca infatti nella squadra del GUF-Pavia, in seconda linea nel pacchetto di mischia.
Dopo la laurea compie il servizio militare nel corpo dei bersaglieri, 12° reggimento con sede a Pola. Partecipa poi ad un concorso per commissario aggiunto di Pubblica Sicurezza, si classifica al secondo posto e sarà destinato alla Questura di Torino.
La residenza a Pavia favorisce e rinsalda il legame di FAB con i parenti di Vercelli: la zia Letteria sposata con il musicista Giacomo Siviero, la cugina Francesca sposata con l’ingegner Carlo Broglia, cognome quest’ultimo ricorrente nella storia di Vercelli.
Destino vuole che FAB si innamori della figlia della cugina, Anna Maria Broglia e, così come per i suoi genitori, le nozze vengano celebrate a Vercelli, il 27 luglio 1940.
II
Dai dati anagrafici riportati nel paragrafo precedente, si può osservare che padre e nonno di FAB avessero lo stesso nome di battesimo, rispettivamente Cesare Allitto Bonanno (1838-1893) notaio e Cesare Allitto Bonanno (1888-1971) impiegato e poi ispettore di Poste e Telegrafi.
Il doppio cognome è da mettersi in relazione alla singolare propensione della famiglia Allitto nella scelta dei nomi di battesimo dei figli.
Il nonno di FAB è stato il primo della famiglia con cognome Allitto Bonanno, ma non il primo con il doppio cognome. Forse conviene partire dal trisavolo, don Cesare Allitto, per dare conto dei doppi cognomi, divenuti una necessità professionale a seguito delle scelte effettuate al battesimo.
La figura di don Cesare Allitto (1785-1862), notaio di Calvaruso, nativo di Gesso, è per sempre nella storia della letteratura per opera di Alessandro Dumas padre. Il notaio incontra lo scrittore nel 1835 e gli racconta la storia del bandito Pasquale Bruno, per poi accompagnarlo nei luoghi di svolgimento dei fatti a Bauso, l’attuale Villafranca Tirrena. Una storia da Dumas in parte appresa a Parigi, da una conversazione con Vincenzo Bellini, e dallo scrittore riportata in forma di diario in “Impressions de Voyage – Le capitane Arena” e nel racconto “Pascal Bruno”. E’ da molti ritenuto probabile che la storia di Pasquale Bruno sarebbe divenuta un libretto d’opera, se Bellini non fosse morto prima del ritorno a Parigi di Alessandro Dumas.
Il notaio Cesare Allitto, incontrato da Dumas, è padre di due notai omonimi: Francesco Allitto, figlio della prima moglie Rachele De Maria e Francesco Allitto, figlio della seconda moglie Carmela Fileti, rispettivamente titolari a Salice e Faro. Per evitare facili confusioni, almeno nell’ambito notarile, i due fratelli vengono distinti indicandoli anche con il cognome della madre: Francesco Allitto De Maria e Francesco Allitto Fileti.
Francesco Allitto De Maria sposa, in seconde nozze, Giuseppa Bonanno, ne consegue che quando, nel 1867, il figlio Cesare viene nominato notaio di Gesso, il relativo decreto lo identifica come Cesare Allitto Bonanno.
In sintesi FAB è pronipote del notaio don Cesare Allitto, incontrato da Dumas nel 1835, e nipote di Cesare Allitto Bonanno, ultimo notaio della famiglia ed il primo identificato con il binomio Allitto Bonanno.
III
Durante la guerra, dichiarata da Mussolini, FAB è un giovane vice commissario presso la Questura di Torino. Il suo nome ricorre spesso nelle cronache dei giornali, che generalmente omettono il secondo cognome, chiamandolo brevemente il dott. Allitto.
Le indagini condotte e risolte dal giovane (vice) commissario Allitto potrebbero ispirare una serie televisiva di successo. Alcuni titoli:
“Il furto di gioielli nella villa Ferrero d’Ormea, il baule da mille e una notte”, La Stampa 6/2/1942;
“La casa molto ospitale della signora Hocke”, Stampa Sera 17/2/1942;
“Il sistema di uno zio ed un nipote per rubare biciclette”, Stampa Sera 27/6/1942;
“Chi sono i componenti la banda degli sciacalli”, La Stampa 15/2/1943
“L’uomo che si era specializzato nello smontare serrature”, La Stampa 19/3/1943;
“Altre 150 mila lire truffate con il miraggio delle monete d’oro”, La Stampa 7/9/1943.
Dopo l’8 settembre 1943, giorno del secondo compleanno della figlia Concettina (stesso nome della nonna, come vuole la tradizione), FAB non esita a fare la sua scelta. Nel suo fascicolo personale si legge che “da qualche tempo trovavasi in condizioni anormali di spirito per l’occupazione della Sicilia, ove ha i genitori e gli altri parenti, dei quali non ha più notizie”. Ammesso che questa osservazione dei superiori fosse basata su riscontri effettivi, è spontaneo chiedersi come sarebbero cambiate le sue “condizioni di spirito” se avesse saputo della strage di contrada Chiusa di Gesso, con cinque carabinieri ed un civile uccisi dai tedeschi in fuga, avvenuta il 14 agosto 1943, a due passi della casa di campagna della famiglia Allitto Bonanno.
Nell’inverno 1943/44 FAB si unisce alle bande Falco, Lupo ed Aquila, di stanza a Ribordone, Alpette, Locana e Sale di Cuorgnè, che costituiranno la VI divisione di “Giustizia e Libertà” sotto la guida di Gino Viano. Il nome di battaglia di FAB è Orlando. Dalla primavera 1944 collabora direttamente con il Comitato di Liberazione Nazionale della Regione Piemonte, il nome di battaglia diviene Libero. L’attività del partigiano Libero è ricostruita nella corposa tesi di laurea di Paola Chirico, presentata presso l’Università di Torino nell’anno accademico 2002/2003, relatore il prof. Claudio Dellavalle. Così come nell’articolo, della stessa Paola Chirico, “Il contributo della polizia alla guerra di liberazione in Piemonte” in “Mezzo Secolo, Materiali di Ricerca Storica 14”, Annali 2001-2002, Franco Angeli, pagine 263-290. A queste pubblicazioni va aggiunta la biografia di Giorgio Agosti, “Il coraggio dei giorni grigi”, scritta da Paolo Borgna, pubblicata da Laterza nella collana “Storia e Società”, anno 2015.
Nel seguito per illustrare il valore del contributo alla guerra di liberazione dato da Ferruccio Allitto Bonanno, alias prima Orlando e poi Libero, si riporta integralmente il testo di una lettera scritta da Franco Antonicelli, presidente della Giunta Consultiva Regionale per il Piemonte del Comitato di Liberazione Nazionale, datata 31 gennaio 1946, numero di protocollo 377, indirizzata a S.E. Luigi Ferrari, Capo della Polizia [documento esistente presso l’Istituto piemontese per la storia della resistenza e della società contemporanea, faldone H 36 d].
“Il dott. Ferruccio Allitto-Bonanno, vicecommissario di P.S. in servizio presso la Questura di Torino, fu, con il dott. Ugo Mazzacano, uno dei due soli funzionari di P.S. della Provincia di Torino che si rifiutò apertamente di aderire al governo repubblicano. Il 10 settembre 1943 egli rassegnò le dimissioni ed il 13 settembre raggiunse le prime formazioni partigiane in via di costituzione nel Canavese. Quivi rimase durante il primo inverno della guerra di liberazione (1943-1944), contribuendo attivamente all’organizzazione dei reparti che, cresciuti di numero e di importanza, costituirono poi la “VI Divisione Alpina Giustizia e Libertà”, prendendo parte a numerose azioni belliche contro i fascisti ed i tedeschi, e tenendo la direzione delle forze di polizia partigiana nella zona controllata dalle formazioni suddette. Quest’ultima attività si rivelò particolarmente importante, in quanto rappresentò uno dei principali esperimenti fatti in Piemonte di una vera e propria sostituzione degli organi della polizia repubblicana (privi di competenza e di prestigio, e detestati dalle popolazioni) con organi tecnici di una nuova polizia democratica, che non si proponevano soltanto scopi di polizia politica e militare, ma svolgevano anche funzioni di prevenzione e di repressione della delinquenza comune. Tali “polizie partigiane”, di cui, come si è detto, il dott. Allitto fu uno dei primi e più intelligenti organizzatori, contribuirono a mantenere nelle formazioni partigiane una severa disciplina e, nella lotta contro la delinquenza comune e la borsa nera, si acquistarono la stima e la fiducia delle popolazioni rurali, concorrendo in misura rilevante al successo finale.
Per le eccezionali doti di intelligenza, di preparazione tecnica, di genialità organizzativa e di coraggio, il dott. Allitto, nel giugno 1944, venne chiamato a collaborare direttamente con gli organi centrali della Resistenza, e precisamente ricevette formale incarico dal Comitato di Liberazione Nazionale Regionale Piemontese di costituire un centro di polizia segreta, che venne chiamato “CENTRO P.” e che non tardò a diventare uno strumento prezioso del C.L.N. Piemontese. Il “Centro P.” si proponeva un triplice scopo: identificare, segnalare e, nella misura del possibile, paralizzare tempestivamente i criminali di guerra, le spie, i collaborazionisti; raccogliendo grazie ad una vasta rete di informazioni e di complicità stesa nelle Prefetture, nelle Questure, in tutti gli edifici pubblici, tutti i dati relativi all’attività antipartigiana dei nazifascisti; preparare infine i piani per la riorganizzazione degli organi di polizia per il delicato momento della liberazione, in cui tutto l’apparato poliziesco della repubblica fascista si sarebbe sfasciato.
Tutti questi scopi il “Centro P.” li raggiunse, grazie all’attività instancabile ed intelligente del dott. Allitto, in modo brillantissimo. Esso prese a pubblicare un bollettino settimanale di informazioni riservate, che non tardò ad esser richiesto dalle Missioni alleate inglesi ed americane che operavano in collegamento col movimento della Resistenza e che venne largamente utilizzato per la compilazione del Bollettino d’informazioni del C.L.N. Alta Italia, il quale – redatto presso il Comando Militare dell’Alta Italia sotto la direzione di Ferruccio Parri e del gen. Cadorna – fu una delle fonti più preziose del servizio informazioni alleato. Il “Centro P.” provvedeva pure a dare tempestiva segnalazione dei rastrellamenti progettati dai nazifascisti, degli arresti di patrioti, riusciva ad entrare in possesso di documenti di grande importanza, intralciava, con una continua attività di prevenzione e di informazione, tutte le operazioni della polizia fascista. Centinaia di partigiani e di patrioti debbono a questo lavoro oscuro ed ininterrotto la vita e la libertà. Il “Centro P.” permise inoltre la realizzazione di numerose imboscate contro le forze nazifasciste, organizzò e portò a buon fine l’evasione di detenuti politici, e raccolse – con criteri rigorosamente tecnici – una cospicua documentazione su tutte le forme di collaborazione coi nazifascisti. L’importanza di tale archivio venne riconosciuta, subito dopo la liberazione, dalle autorità dell’AMG, le quali, chiesto ed avutolo in visione, non l’hanno a tutt’oggi ancor restituito, dichiarando che si trattava del più completo strumento di indagine per la ricostruzione delle attività criminose nazifasciste in Piemonte.
Il “Centro P.” infine, presi contatti col C.L.N. della Questura di Torino (costituitosi verso la fine del 1944 grazie all’iniziativa di alcuni funzionari antifascisti rimasti in servizio), provvide a predisporre l’organizzazione dei servizi di pubblica sicurezza della città di Torino, e ne rese possibile la liberazione, l’immediato funzionamento, evitando quella parentesi di confusione e di caos che si verificò purtroppo presso altre Questure dell’Alta Italia.
Del “Centro P.” il dott. Allitto fu, come si è detto, l’anima. E la sua opera non fu senza gravi rischi. Arrestato una prima volta il 6 marzo 1945, egli doveva essere deferito al Tribunale Straordinario di Guerra, quando poté essere liberato grazie ad uno scambio. Noncurante del pericolo, continuò la sua attività nella stessa città di Torino dove pure era assai conosciuto da tutti gli elementi della polizia. Prese parte alla insurrezione di Torino e, nel corso di un’azione, venne catturato con le armi in pugno dalle truppe tedesche che ancora combattevano in città, scampando alla fucilazione grazie alla conclusione vittoriosa della latta. Il 28 aprile 1945 riprese servizio in Questura a fianco del dott. Agosti, che il C.L.N. Regionale Piemontese aveva designato quale questore della città, e venne da quest’ultimo nominato suo capo di gabinetto.
A riconoscimento dei suoi meriti, congiunti a spiccate doti di probità personale e di capacità professionale, il dott. Allitto venne nominato Commissario Capo di P.S. con decreto 14 giugno 1945 del Prefetto di Torino, approvato dal maggiore Mighall, Ufficiale Provinciale Alleato di Pubblica Sicurezza. Poiché tale promozione, avvenuta nelle circostanze eccezionali che caratterizzavano la riorganizzazione delle diverse branche dell’amministrazione dell’Italia settentrionale durante il governo dell’AMG, non può venir sanzionata dalla Direzione Generale della Pubblica Sicurezza, questo Comitato di Liberazione Nazionale considera doveroso segnalare al Ministero l’opera svolta dal dott. Allitto durante i venti mesi della lotta partigiana ed i servizi importantissimi da lui resi alla causa della liberazione, sottolineando come tale opera abbia rilevato nel dott. Allitto non soltanto doti di coraggio e di abnegazione, ma anche qualità tecniche non comuni; e ritiene che un riconoscimento straordinario di tale opera non soltanto produrrebbe la migliore impressione negli ambienti della Resistenza e nella cittadinanza di Torino, ma consentirebbe all’Amministrazione di valorizzare un funzionario che la onora e che grandi servigi potrà ancora rendere al paese.
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¹1944 nell’originale, anno corretto per un evidente errore nel testo dattiloscritto già segnalato da Paola Chirico.